di Franco CAMERINI – MovES
“Le mani, la fronte,
Hanno il sudore di chi muore;
Negli occhi, nel cuore
C’è un vuoto grande più del mare;
Ritorna alla mente
Il viso caro di chi spera
Questa sera come tante
In un ritorno.”
In queste parole di una vecchia canzone dei New Trolls, “Miniera”, si racchiudevano rabbia, denuncia e malgrado tutto la speranza.
Era cronaca quotidiana quella dei crolli in miniera, e ci vollero decenni di lotte, scioperi, discussioni, per ridisegnare un mondo del lavoro che anteponesse al profitto regole sulla sicurezza.
Furono conquiste importanti che, nel tempo, parevano destinate a perfezionarsi. Pareva che la Società avesse messo a fuoco ben distinti diritti che appaiono ovvi ed elementari.
Ma il terzo millennio, quello che si auspicava sarebbe stato testimone di meraviglie tecnologiche, di lavori sempre meno invasivi per l’essere umano, il futuro che sognavamo nei film, ha virato bruscamente ed invertito la rotta.
E invece di un nuovo futuro…
L’incapacità cronica delle nuove generazioni imprenditoriali, la loro avidità e anche lo scarso senso civico, l’assenza dell’etica dei rapporti umani (che in alcuni dei loro padri era senz’altro più palpabile, vedi imprenditori come Olivetti), ma soprattutto, senza volerli giustificare, la grande pressione che il sistema globale pone sui governi, i quali anziché smarcarsi in ottica socialista dalla globalizzazione capitalista, aggiungono oneri che inevitabilmente passano di livello in livello fino a schiacciare gli ultimi, i soliti noti, proprio attraverso le mani di questa iniqua classe imprenditoriale.
E invece di progresso…
Una politica globale che persegue avidamente profitti per mantenere tramite guerre le proprie posizioni imperialiste che in pace non sarebbero tollerate.
La conseguente retrocessione delle forze lavoro ad un ruolo gregario, da spremere e sostituire una volta esaurito, con l’annichilimento totale dei diritti acquisiti e nuove regole imposte che tolgono ogni garanzia al lavoratore, costretto ad un costante ricatto per la conservazione del posto stesso HANNO RIAPERTO GLI STESSI SCENARI DI MORTE che credevamo sepolti per sempre in una miniera come tante altre di un tempo andato.
Uomini e donne costretti ad affrontare la morte per uno straccio di stipendio.
E tutto passa come il vento.
Le notizie vengono smorzate, ce le forniscono al massimo per un giorno, poi si passa ad altro, anche perché se durassero di più si accavallerebbero con altri morti e sarebbe una catena infinita.
L’ho riletto oggi, dopo che è stato dato l’annuncio della morte cerebrale di Marchionne, che tanto ha contribuito ad affossare l’industria automobilistica in Italia…con tutto quello che lo Stato aveva fatto per gli Agnelli, compreso e,autostrade.
Tanti morti sul lavoro, tanti suicidi per paura di perdere un misero lavoro, dopo la cassa integrazione, pietà per l’uomo che muore, nessuna per il cinico manager che per il suo lavoro di “tagliatore di teste” è stato strapagato.
La morte è una grande livella.
Ricordo anche io le canzoni impegnate dei New Trolls e quelle di Guccini…avevamo una speranza che è ora, che è giusto che rinasca.
Chiara, negli ’80 FIAT aveva metà del suo capitale investito in prodotti finanziari.
Ora, tu pensi realmente che Marchionne abbia contribuito ad affossare l’industria automobilistica o sono stati gli stessi Agnelli a farlo, seguendo il tracciato del capitalismo finanziario che subentrava a quello industriale?
Io ho pensato agli anni prima di quelli di Marchionne, non gli anni 80.
Marchionne ha rappresentato il tagliatore di teste per una certa industria italiana è il suo lavoro l’ha fatto benissimo.
Gli Agnelli o meglio gli eredi avevano già capito che la fabbrica non era il futuro mao era l’economia finanziaria figlia del capitalismo.
Il mio era un amarcord più che altro.
Una fabbrica può morire il capitalismo può trasformarsi subire metamorfosi creare denaro, annientare le nostre vite. Non potremo essere più nemmeno consumatori alla fine….questa è la mia grande preoccupazione pensando a quello che sta accadendo.